Dite il vostro discorso, vi prego, come ve l'ho recitato io; come se vi dandasse sulla lingua. Che se me lo urlate come fanno certi nostri attori moderni, tanto mi varrebbe affidare i miei versi ad un banditore di piazza. E non falciatemi l'aria con la mano, così: ma tenetevi misurati; che anche nel torrente, nel vortice, diciamo pure nell'uragano, dei vostri affetti, dovete ottenere e conservare quella sobrietà che consente morbidezza di toni. Ah mi guazza il sangue quando sento un accidentaccio tanto fatto, imparruccato, ridurre a brandelli la sua passione dilaniandola a morsi pur di sfondare gli orecchi a quelli giù in platea; ai quali arriva tutt'al più, una pantomima incomprensibile, per quel fracasso. Shakespeare La vocazione razionale verso un ordine, l'inclinazione emotiva nel trasgredire quelli codificati, mi spingono dopo un lungo silenzio (ma anche la "demenzialità" dilagante), a riprendere il sentiero labirintico e pubblicare questa raccolta che insieme vuole essere la constatazione della precarietà del disciplinato ma anche la consapevolezza del fluire, comunque, in un ordine naturale, dinamico. Anche se, a volte, pare il caos prendere il sopravvento.
Pur perfetta, la regola, esprime la capacità e i limiti dei destinatari. E non c'è male più distruttivo della forza delle (buone) abitudini. |